[storia]
Pyongyang
Pyongyang è un esempio di successo di graphic journalism, una forma di giornalismo a fumetti che si va diffondendo sempre più all'interno di quello che possiamo più genericamente considerare il fumetto d'autore.
Il fumetto, realizzato da Guy Delisle, un autore canadese particolarmente attivo nel campo del reportage a fumetti (creatore di opere come Cronache di Gerusalemme e Cronache Birmane), è il resoconto di una permanenza di lavoro nell'altrimenti impenetrabile Corea del Nord, nazione dominata da una feroce dittatura comunista e di conseguenza paese ricco di contraddizioni e di forti contrasti che tuttavia cerca di tenere nascosti al resto del mondo (grazie allo strettissimo controllo interno operato dal regime, al cui confronto la Cina sembra un'oasi di libertà).
Guy Delisle viene inviato a Pyongyang, capitale della Corea del Nord, dall'emittente televisiva francese per la quale lavora, per seguire la produzione di alcuni film di animazione francesi presso lo Studio SEK (Scientific Educational Korea); dopo aver realizzato i passaggi fondamentali dei cartoni animati in patria, la società invia agli animatori coreani i fotogrammi chiave per far effettuare dai disegnatori coreani l'intercalazione, cioè per realizzare le animazioni intermedie tra i fotogrammi chiave.
Il lavoro di Delisle consiste nel seguire le fasi di realizzazione delle animazioni e correggere gli eventuali errori presenti, rispedendo ai disegnatori le animazioni non efficaci per le dovute correzioni.
Pyongyang si presenta subito a Guy come un paese irreale; strade in perfette condizioni, pulite ed impeccabili, ma innaturalmente deserte e, anche quando 'affollate' di macchine, sempre contraddistinte da ordine e precisione, strade sulle quali nessuno sembra avere fretta ed, allo stesso tempo, nessuno senta il bisogno di attardarsi.
Al protagonista, così come a qualunque straniero ospitato in città, viene affiancata al momento dell'arrivo a Pyongyang una guida che dovrà seguirlo negli spostamenti per tutto il tempo di permamenza nel paese. Soltanto in alcune aree proibite alle guide sarà possibile per il protagonista ed i suoi amici (colleghi del settore animazione o altri stranieri venuti a Pyongyang per lavoro o come membri di organizzazioni umanitarie internazionali) avere un'illusione di libertà.
Pyongtang è una città dove tutti si muovono soltanto per lavorare o per attività di 'volontariato', dove la cultura non esiste e non esiste lo sport (l'unica attività fisica praticata è il reverse, ovvero una strana forma di camminata all'indietro).
In un paese che evidentemente muore di fame (anche se il regime cerca di nasconderlo) eserciti di 'volontari' si impegnano in attività di volontariato quanto meno 'suggestive' come spazzare le autostrade e dipingere di bianco le pietre delle aiuole o vecchi ponti arrugginiti.
Il Paese vive all'ombra del leader, padre e guida della nazione, Kim il-sung, morto nel 1994. Almeno una parete di ogni singola stanza di ogni casa di ogni piano di ogni edificio del Paese deve essere addobbata con le immagini di Kim il-sung e di suo figlio Kim Jong-il. Sulle giacche e le camicie dei coreani sono appuntate le spille con le medesime immagini.
Il ritmo delle giornate è scandito da canzoni che inneggiano al leader e marcette militari che sembrano in grado di rendere immediatamente felice chi le ascolta.
Le grandi opere del regime, immense palestre e sontuosi cinema, se terminate, restano cattedrali nel deserto, imponenti edifici vuoti e sostanzialmente inutili, utilizzati sporadicamente solo in manifestazioni di facciata del regime.
Così come di facciata è l'allegria sui volti degli interlocutori del protagonista, il sorriso stampato sul viso e l'adorazione smisurata per il loro leader.
Anche alcuni altissimi grattacieli, come quelli che ospitano i pochi stranieri che per qualche motivo lavorano nel paese, sono vuoti ed inutilizzati, con un unico piano illuminato e funzionante, quello riservato agli stranieri stessi.
Pur non cercando apertamente di parlare della situazione del paese, Guy cerca in più occasioni di comprendere se dietro l'imperturbabilità e la cieca obbedienza al regime da parte dei coreani del nord ci possa essere nei suoi interlocutori un barlume di coscienza e di consapevolezza della realtà o se tutto sia solo il devastante effetto dell'indottrinamento di regime.
Un dubbio che Guy Delisle un giorno prova a togliersi rifilando alla sua guida il romanzo 1984 di Orwell che in qualche modo ricorda la condizione dei coreani, stritolati dalla propaganda e dalla violenza della dittatura comunista, suscitando nella stessa chissà quali sentimenti.
Pyongyang è un fumetto fatto di suggestioni mancate, un fumetto dove tutto viene raccontato per sottrazione, il resoconto di un paese irreale dove sembra non accadere niente e dove gli spazi lasciati al protagonista sono ben pochi, un posto dove la 'ribellione' dell'autore può trovare sfogo soltanto in qualche provocatorio atteggiamento come sorseggiare una Coca Cola (bevanda tra l'altro bandita nel paese), ascoltare una radiolina portatile personale (che tuttavia riuscirà a captare solo le frequenze di regime) e prestare alla sua guida il già citato capolavoro di Orwell.
Lo stile di disegno è quello solito dell'autore, caratterizzato da un tratto semplice e lineare, decisamente ironico e leggero, in forte contrasto con la materia trattata nella graphic novel. Il bianco e nero dei disegni è tuttavia accompagnato da una tinteggiatura in toni di grigio che restituisce la cappa opprimente del regime che aleggia sulla città e sui suoi abitanti.
Ed è in mezzo alla pulizia, all'ordine e alla forzata allegria che sembra regnare a Pyongyang che, ad un certo punto, una domanda assale il protagonista; l'inquietante dubbio su come mai, durante tutta la sua permanenza in città, Guy non abbia mai visto neanche un invalido, un infermo, un ammalato. La domanda rivolta alla sua guida gli procurerà l'inaspettata replica 'Non ce ne sono... Siamo una nazione molto omogenea e tutti i nordcoreani nascono forti, intelligenti e in salute'.
Pyongyang fa vivere un viaggio quasi orwelliano in quella che non è una città immaginaria da romanzo ma è probabilmente uno dei più lucidi esempi di dittatura ispirata dal comunismo.
Realizzato da Delisle nel 2003, Pyongyang è approdato in Italia solo nel marzo 2013, grazie all'editore Rizzoli-Lizard, nel bel volume Pyongyang e, qualche mese più tardi in edicola come 11mo volume nella collana Graphic Journalism del Corriere della sera.
(22/06/2013)